Qui Livorno - Rabbini e studiosi con il sorriso dell'ironia
Narra il Vessillo Israelitico che rav Elia Benamozegh, grande rabbino e filosofo, entrando in una yeshivah livornese venisse attorniato dai rabbini che gli chiesero con devozione se esistesse veramente il malocchio. “Certamente”, rispose il Maestro aggiungendo che “un rabbino lo mette, l’altro lo leva e poi fanno a mezzo dei soldi...”. Certo si può essere scettici circa questo aneddoto in cui a mio parere è comunque presente la chiave per aprire la porta della comprensione di questa città e della sua Comunità ebraica. L’ironia, infatti, è componente essenziale del livornese e lede il mito, guardando ad esempio ai sonetti di Cesarino Rossi o Guido Bedarida tanto per citare alcuni noti esempi, che l’umorismo ebraico sia solo di derivazione askenazita. Non a caso di recente, parlando a Livorno dei diari del grande Chidà (rav Haim Iosef David Azulay z.l.), il rabbino Alberto M. Somekh osservava: “L’ironia, si sa, è un classico della letteratura ebraica di ogni tempo, in quanto risponde a un’esigenza etica ben precisa. E’ lo strumento in mano all’oratore o allo scrittore per denigrare un personaggio che se lo merita senza scadere nel dileggio, nell’insulto e nella maldicenza, tutte espressioni proibite dalla Torah. Lo stesso Chidà, presentando molti suoi colleghi incontrati qua e là in termini talvolta magniloquenti, ci lascia un legittimo dubbio sulla reale statura di questi personaggi”. L’importanza di questo elemento ben si coniugò a quel clima propedeutico all’evolversi di profondi studi ebraici alimentati da eccelsi Maestri che, come lo stesso Chidà, da questa città rimasero affascinati sino al punto di soggiornarvi a lungo, talvolta sino al termine della loro esistenza terrena, interagendo con la già solida tradizione rabbinica locale. Con l’ironia labronica, anche ebraica, senza la quale si potrebbe talvolta pensare a un carattere altrimenti spigoloso, per alcuni magari anche ignorantello, fecero i conti anche i rabbini che si avvicendarono alla guida spirituale della Comunità in tempi più recenti: penso a mio padre rav Bruno G. Polacco e a rav Isidoro Kahn (z.l.), trovando dei paralleli caratteriali naturali e legati ai luoghi di origine. In altri casi, come rav Laras potrebbe ben testimoniare, adattandocisi cogliendone l’originalità. Se rav Alfredo Sabato Toaff (z.l.) invece giocava in casa ben conoscendo la sua città e la sua Comunità lasciandoci scritti e studi preziosi, l’esperienza acquisita a Roma deve aver reso più facili le cose a rav Jehudah Kalon (z.l.), prematuramente scomparso, nella sua purtroppo breve esperienza labronica. Tocca oggi a rav Yair Didi, partendo dalla sua matrice israeliana, amalgamarsi con quello spirito ebraico livornese che ha, quale eccezionale testimonial nonostante decenni di lontananza, rav Elio Toaff (nell'immagine in un disegno di Giorgio Albertini), di cui è nota la fine e intelligente ironia. Livolno, secondo un’inflessione dialettale che pone la elle al posto della erre, città in Toscana ma non proprio del tutto toscana in virtù della particolare e unica storia, unisce nell’ironia lo studioso quanto il popolano, creando un panorama di personaggi spesso appellati con azzeccati soprannomi: un completo e veritiero quadro storico non potrebbe essere composto escludendo gli uni o gli altri. Non mancano ovviamente i problemi, in città come nella Comunità, ma certamente una salda radice ironica aiuta ad affrontare anche le avversità. Anche per gli ebrei livornesi, come per gli altri concittadini, il legame con la città e la Comunità rimane forte nel tempo. Città dalla storica vocazione sionista (anche il fascismo tragicomicamente, come testimoniato da alcune carte pervenute, temette i sionisti locali), è struggente l’addio alla città di un livornese, immaginato in un sonetto di Guido Bedarida, che parte per Israele dove molti sono ormai i livornesi o i loro discendenti. Non è quindi un caso che sia questa città a vantare in Italia il primo gemellaggio con una città israeliana, ovvero Bat Yam. Benvenuti allora a Livorno, per la Giornata della cultura ebraica 2010 che ci vede città capofila per l’Italia, con sana e sincera ironia.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
da "Pagine Ebraiche" - organo dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - agosto 2010
Nota : z.l. è la sigla ebraica,usata per un defunto,che significa "il suo ricordo per benedizione"
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