grazie per la Sua risposta (Il Giornale , 25.06.10) alle mie perplessità
sul tentativo e l'utilità di formare una sorta di gerachia delle
dittature,in riferimento ad una certa tendenza indulgente nei confronti
del fascismo.
La legge definisce i reati , i tribunali condannano di conseguenza e
,all'interno magari di uno stesso reato,hanno l'ulteriore compito di
graduare le pene : ma la violazione di base rimane.
Francamente però non mi convince ,anzi mi rafforza nelle mie
perplessità,in particolare quando definisce il fascismo "un regime il
cui marchio di fabbrica non fu la vera ferocia,e nemmeno la vera
durezza. Imperversarono invece i surrogati chiassosi dell'una e
dell'altra" e che mancava "la paura,l'incubo che qualcuno bussi alla
porta e che si sia portati via verso un lager o verso un gulag".
Qualcuno bussò invece a quelle porte e non di rado era in compagnia di
nostri concittadini,o da questi mandato: passarci sopra equivarrebbe
anche a sminuire il già richiamato eroismo di tutti quegli italiani che
non accettarono nemmeno questi "surrogati chiassosi" di dittatura.
Da quale livello di una immaginaria scala graduata inizia poi la paura
ad essere veramente ,"seria" e quindi non più "surrogato chiassoso" ed
insopportabile per la vittima?
Non sono in grado di rispondere e, da liberale senza prefissi o suffissi
(tanto per essere chiari immune dal berlusconismo quanto
dall'antiberlusconismo,riferendosi al finale della Sua risposta) nonchè
da ebreo non ho delega per rispondere, tanto meno per scusare, in nome
di quanti quei "surrogati chiassosi" li presero invece sul serio e li
subirono.
Con cordiali saluti,
Gadi Polacco
Livorno
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